Quando entrate in casa vi sembra di addentrarvi nella giungla, inciampando tra i giocattoli dei vostri figli, spaventandovi di fronte alla mole di panni sporchi ammucchiati tra il letto e il pavimento e disperandovi di fronte alle pile di piatti dei giorni precedenti?
Uomini e insetti: qual è il loro rapporto? Dal silent play alla psicologia
Federchimica - Assocasa anche quest’anno ha proseguito il suo percorso di formazione dedicato al mondo degli insetti, la classe più grande e variegata tra i raggruppamenti animali che popolano la Terra.
Con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sul tema, Puliti&Felici ha proposto ai suoi ospiti un originale focus group, sfidando il complesso retaggio culturale e simbolico associato a questa classe animale.
Immersi nel verde di Parco Sempione a Milano, un team di giornalisti e blogger ha sperimentato l’innovativa tecnica del Silent Play, sotto l’attenta guida di Carlo Presotto, direttore artistico de “La Piccionaia” e regista dell’evento.
Un’esperienza immersiva e coinvolgente, sotto forma di percorso audioguidato, ha accompagnato gli ospiti in una dimensione di scoperta, apprendimento e confronto esplorando la relazione, spesso controversa, tra individuo e insetto.
Chi sono gli insetti? Come vengono percepiti dalle persone? Come possiamo proteggere la casa e le aree urbane? Possiamo fidarci di insetticidi e insettorepellenti? Qual è il significato delle icone di sicurezza?
Queste le tematiche affrontate durante l’incontro attraverso l’alternanza di approfondimenti didattici e curiosità che hanno coinvolto attivamente i partecipanti, consentendo una lettura insolita di un argomento spesso ritenuto poco attrattivo.
Giornalisti e blogger sono così stati invitati a indossare le cuffie e, accompagnati dalla voce guida di Carlo Presotto, sono stati chiamati a immedesimarsi in un insetto.
Creare un parallelismo tra esseri umani e insetti ha permesso di cogliere i punti di forza e le caratteristiche di adattabilità di questi ultimi, agevolando un approccio più consapevole in tema di difesa e prevenzione.
La tecnica del Silent Play ha regalato così un’inedita veste al progetto d’indagine, sensibilizzando il pubblico in maniera non convenzionale su tematiche complesse. Tra gli argomenti affrontati il corretto utilizzo dei prodotti per proteggere la persona e l’ambiente e l’articolato iter di verifica a cui insetticidi e insettorepellenti devono essere sottoposti prima dell’immissione nel mercato.
Particolare attenzione è stata dedicata alla lettura e all’interpretazione delle icone di sicurezza e dei simboli di pericolo, aspetto di fondamentale importanza per la salvaguardia della salute.
Abbiamo dunque rivolto alcune domande allo psicologo Emanuele Tomasini per comprendere al meglio il rapporto tra uomo e insetto.
Cosa dice la psicologia in merito alla relazione uomo-insetti e al percepito che le persone hanno dei prodotti di prevenzione e difesa?
In seguito allo svolgimento del focus group, Puliti&Felici ha rivolto alcune domande a Emanuele Tomasini, professionista specializzandoo in psicoterapia integrata e di comunità e autore all’interno del magazine.
Potrebbe fornire una panoramica statistica sulle fobie più diffuse e in particolare su quelle relative ad animali e insetti?
La prevalenza stimata per le fobie specifiche è di circa il 7-9%, dato che accomuna sia la popolazione europea che statunitense. Le percentuali di incidenza delle fobie variano con l’aumento dell’età: si passa dal 5% circa nei bambini al 16% circa negli adolescenti dai 13 ai 17 anni, abbassandosi fino al 3-5% negli anziani.
Per quanto riguarda le differenze di genere, le donne sono più frequentemente colpite rispetto ai maschi, con un rapporto di circa 2:1, anche se i tassi variano a seconda dei differenti stimoli fobici.
Secondo una ricerca del 2000 dell’Istituto Superiore di Sanità (condotta all’interno del European Study on the Epidemiology of Mental Disorders) nel corso della vita soffrono di fobie circa 6 italiani su 100. Nello specifico, le fobie relative agli animali tendono a esordire prevalentemente durante l’infanzia, ma può capitare che, in seguito ad un trauma, possano scaturire anche in età più avanzata.
La paura degli animali risulta essere quasi esclusivamente “femminile”, poiché il 75% – 90% delle donne ne soffre. In generale le fobie più comuni hanno come oggetto non solo animali e insetti, ma anche temporali, suoni forti, buio, sangue e ferite, visite mediche o dentistiche, altezza e luoghi chiusi, a seconda della fase di sviluppo, crescendo o diminuendo nell’intensità della reazione e nel contenuto.
Avendo preso visione dell’attività svolta, ritiene che gli atteggiamenti dei partecipanti confermino i dati scientifici sulle fobie diffuse relative a questa classe di animali?
Da una prima osservazione, credo che l’impressione generale sia quella di una presa di distanza rispetto a un tema scomodo: i piccoli insetti sembrano non piacere a noi “uomini grandi". Il piccolo, che per grandezza potrebbe essere innocuo, sembra non esserlo tanto. Il gruppo che ha partecipato al Silent Play era quasi totalmente composto da donne, quindi è difficile capire se la prevalenza di atteggiamento negativo verso gli insetti venga effettivamente rispettata. Non sembrano apparire reazioni fobiche in nessuno: ciò che si evince ricalca forse di più una idea diffusa sul mondo degli insetti, connotati a livello culturale e simbolico quasi sempre in modo negativo e fastidioso. Durante una attivazione, in cui doveva scegliere e appropriarsi di una carta con l’insetto a sé più vicino, ho potuto osservare dei movimenti interessanti nel gruppo. Questo perché, come capita con gli esseri umani, ci sono insetti che fanno simpatia, quelli che detestiamo, quelli che ci sembrano inutili o quelli che per noi hanno un valore simbolico. C’è chi durante l’attività ha tenuto l’insetto assegnato perchè probabilmente legato a un ricordo e associato a proprietà adattive, chi ha cercato lo scambio a tutti i costi per voler essere qualcun altro. Sono tutte dinamiche proiettive del vivere la propria vita o di essere se stessi.
Come reagiscono le persone in merito all'utilizzo degli insetticidi e insettorepellenti per la sua esperienza? Avvertono un senso di protezione o percepiscono i prodotti come dannosi per la salute e l'ambiente?
Entrambe le reazioni sono egualmente riscontrabili. È risaputo che gli insetticidi sono strumenti utili, ma il loro effetto sulla salute e sull’ambiente è poco chiaro. Riflettendoci, e facendo una considerazione sociologica piú che psicologica, l'accesso alle informazioni su internet sembra aver aumentato il senso di diffidenza delle persone: sembra difficile verificare l’affidabilità delle fonti; viviamo, poi, in una società che è sempre più spesso in ansia e alla ricerca di controllo. Gli ultimi anni hanno visto una crescita esponenziale di comportamenti green e sostenibili, che possiamo immaginare legati a meccanismi di protezione e che rientrano nel sentirsi parti di un sistema le cui parti si influenzano vicendevolmente.
Cosa l’ha colpita maggiormente in relazione ai comportamenti dei partecipanti?
Quando si parla di insetticidi e di icone da decodificare, quasi tutto il gruppo si è sentito partecipe dell’attività proposta. È più semplice, se si hanno a disposizione degli strumenti certi e sicuri, mantenere il controllo, come se ci fosse la percezione di poter partecipare attivamente e di conoscere la materia. Si entra in una modalità più “scolastica”, in cui certo si può anche scherzare, ma in cui il senso di “agency” personale è il vero “motore” dell’azione. Un momento che ho avvertito come importante per il gruppo è stato poi quello dell’identificare, tramite gli insetti, il proprio stile di cambiamento: continuo e costante, tipico della cavalletta che rimane sempre simile a se stessa, oppure deciso e radicale, come quello della zanzara che da larva diventa pupa per poi mettere le ali e diventare adulta. Ciò che accomuna tutti è la difficoltà a esporsi in maniera visibile al cambiamento, variabile in cui entra in gioco la propria resilienza, ossia la capacità di far fronte ai momenti difficili della vita. La trasformazione lineare è quella più difficile da cogliere, ma è anche quella che all’apparenza permette di percepirsi sempre come diretti verso un obiettivo. Avvertire, invece, una spaccatura netta, sembra qualcosa di difficile con cui fare pace. In chi sceglie la metamorfosi più radicale, si osserva la volontà di esprimere questo cambiamento, di provare a spiegarselo ad alta voce, di ripercorrerlo.
Nell'ambito della psicologia come possono essere classificati i falsi miti relativi agli insetti? Ha qualche dato relativo a questo argomento?
Credo che molti dei falsi miti sugli insetti fondino la loro credenza su una matrice culturale specifica e transgenerazionale. Come accade per qualsiasi informazione, quando entra nella nostra mente, può seguire una via di elaborazione superficiale, che permette di cogliere solo aspetti contestuali, oppure una via più approfondita che permette di arricchire la mappa di quel concetto. Il tutto si gioca su variabili molto personali. Sicuramente la diffusione di false informazioni contribuisce a modificare, in negativo, l'atteggiamento, e quindi la valutazione, su questa classe di animali. A questo movimento si intreccia quello generato dalla letteratura e dalla filmogrofia che hanno arricchito la simbologia (anche in positivo) associata agli insetti. Non possiamo poi dimenticare l’esperienza e la biografia personale di ogni soggetto: dinamiche familiari e amicali, traumi e situazioni specifiche contribuiscono a variegare il sentire individuale, e quindi le emozioni, verso ogni oggetto del reale, modulando, di conseguenza, pensieri e comportamento. Quel che è certo, come appare nel Silent Play, è che parlare di insetti ha a che fare anche con il mezzo usato per percepire le proprie emozioni: il corpo. Per una pelle che aiuta a sentirsi interi, la forzatura di pensarsi come gli insetti, che sono fatti a ‘sezioni’, appare innaturale. Camminare come robot, sperimentarsi come insetti, fa sorridere: manca qualcosa che leghi l’armonia del movimento a ciò che si prova. Si sentono fastidio e costrizione e quindi bisogna sdrammatizzare. Alla base di tutto, ancora una volta non solo ciò che ci capita, ma come lo viviamo. Accanto alla cultura quindi, un mondo emotivo da scoprire.