De acetibus non disputandum est

Navigando sul web è facile trovare numerosi riferimenti all’aceto, il cui utilizzo è spesso consigliato per gli usi più disparati.
Forse condizionati dalla diffusa tendenza del fai da te o forse spirati dai consigli amorevoli delle nonne, tendiamo ad attribuire all’aceto un gran numero di proprietà positive quasi fosse una pozione magica.
Dovremmo considerare invece che un tempo le sostanze venivano scelte per le loro caratteristiche chimiche e che gli ingredienti, di cui si disponeva, erano assai limitati.
Per fare il bucato, ad esempio, si utilizzava la cenere perché questo era il metodo a disposizione per produrre la soda, molto efficace se usata assieme al sapone per lavare i tessuti. Analogamente si utilizzava l’aceto come componente acido, per sciogliere ad esempio il calcare.
Consideriamo alcuni degli usi per cui l’aceto viene spesso menzionato.

Come ammorbidente

La funzione dell’aceto come ammorbidente sarebbe quella di contrastare gli effetti della durezza dell’acqua, che provoca depositi sui tessuti causandone l’indurimento.
In realtà questo fenomeno non è la principale causa di ruvidità dei capi, che è dovuta perlopiù al danneggiamento della superficie delle fibre conseguente all’usura e agli sfregamenti.
L’aceto quindi non può essere di elevata efficacia per questo scopo e occorre utilizzare sostanze che li lubrifichino e ne rendano la superficie nuovamente liscia, esattamente come avviene per il balsamo dei capelli.

Come sgrassante

I grassi che causano tipi di sporco per cui occorre “sgassare” non sono compatibili con l’aceto; basti pensare a quando condiamo l’insalata: olio e aceto non si miscelano.
L’aceto quindi non può solubilizzare i grassi e come sgrassatore non è più efficace dell’acqua pura. Se si raggiunge qualche risultato, è solo grazie all’azione meccanica di sfregamento.

Come anticalcare

In questo caso l’aceto può essere efficace dal momento che, come acido, scioglie certamente il calcare. Si consiglia comunque l’uso in caso di depositi leggeri.
In presenza di incrostazioni serie, i prodotti formulati appositamente a questo scopo risultano sicuramente più efficaci sia per la loro maggior viscosità, sia per l’effetto penetrante e bagnante assicurato dai tensioattivi.

Come “igienizzante” e antibatterico

Attenzione! L’aceto non è un antibatterico. Non facciamoci trarre in inganno dalle tecniche di conservazione dei cibi “sott’aceto”, pensando che l’aceto abbia la funzione di combattere i batteri e quindi di conservare i cibi a lungo. Infatti,  in questo caso, si utilizzano valori di pH che non si realizzano nei  normali processi di pulizia e soprattutto viene favorita la formazione di batteri che inibiscono la proliferazioni di altri batteri che poi porterebbero alla decomposizione dell’alimento.
Ricordiamo inoltre, a prova del fatto che l’aceto non ha proprietà battericide, che l’aceto stesso è il prodotto di una fermentazione batterica e che in esso sono presenti gli stessi batteri che lo producono.

Un’ultima riflessione va fatta sulla diatriba naturale/sintetico, altro tema spesso presente in rete. In particolare occorre fare alcune precisazioni riguardo all’uso di oli essenziali come “rimedio casalingo” per sostituire i profumi “sintetici”. Anche in questo caso, occorre ricordare che gli ingredienti possono essere pericolosi indipendentemente dalla loro origine naturale o sintetica e che “naturalenon equivale necessariamente a “innocuo” come “sintetico” non significa “pericoloso”.

L’olio essenziale di lavanda, ad esempio, è spesso annoverato tra i rimedi casalinghi, ma si classifica come:
- Asp. Tox. 1 H304, Può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie.
- Eye Irrit. 2 H319, Provoca grave irritazione oculare.
- Skin Irrit. 2 H315, Provoca irritazione cutanea.
- Skin Sens. 1 H317 Può provocare una reazione allergica cutanea.
- Aquatic Chronic 3 H412 Nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata.

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