Estate: voglia di leggerezza e tempo di convivialità.

a cura de Lo Psicologo in Blue Jeans

Dopo un anno passato a barcamenarsi tra lavoro, impegni familiari e difficoltà della vita, l’arrivo della bella stagione si accompagna tanto al bisogno quanto al desiderio di essere più spensierati e di godersi momenti di divertimento e di pausa dalla ‘solita’ routine. Quindi, tra aperitivi pre-partenza, cene al rientro e inviti tra chi rimane in città, questo periodo sembra essere un tempo favorevole per aprire le nostre case agli amici.

Terrazzi e giardini diventano scenari perfetti per le chiacchiere fino a tardi, soprattutto se riusciamo a proteggerci dalle fastidiose e noiose zanzare. Anche cucine, sale da pranzo e salotti però si colorano di nuove sfumature da osservare.

Ma cosa significa l’espressione ‘aprire casa’?

Letteralmente è quell’operazione che si compie dopo che l’abitazione è stata chiusa per un certo periodo di tempo, si usava spesso per i luoghi di villeggiatura. Nel quotidiano, invece, rimanda a quando spalanchiamo le finestre al rientro dall’ufficio, dopo la notte o durante le pulizie. Permettiamo a ciò che c’è fuori di entrare e viceversa. Sono attimi di scambio.

Infatti, ogni apertura mette in comunicazione due spazi e due tempi. L’etimologia greca richiama proprio il significato di una connessione. L’ingresso di casa, tra un ‘pubblico’ e un privato; le finestre e le porte-finestre, tra un fuori e un dentro; le porte che separano una camera e l’altra, tra spazi interni. Esiste un istante in cui quei mondi, separati, si incontrano e subito dopo, in qualcosa anche di impercettibile ai sensi, sono diversi.

Poiché la casa è anche immagine visibile e tangibile di chi siamo nel profondo, potrete intuire come ogni apertura richiami la possibilità di una comunicazione tra diverse parti di noi e con gli altri. Invitare qualcuno tra le nostre quattro mura è offrire all’altro, che è scelto da noi, uno spaccato sul nostro mondo interno.

Oltre al menù, avete già pensato a dove accogliere i vostri ospiti?
Scelta obbligata per alcuni, ma con significati non scontati.

La cucina ha a che fare con la possibilità di nutrirsi, ma anche con la capacità e la volontà di nutrire l’altro. È il luogo dove il cibo viene trasformato perché sia digeribile, dove gli ingredienti si mischiano per dare origine a sapori nuovi e accostamenti anche arditi. Questo spazio parla della disponibilità a fare qualcosa per l’altro. E poi c’è la sala da pranzo, sempre più spesso unita alla cucina stessa o al salotto. Qui si vivono le relazioni, si mettono nel piatto le proprie storie, si sorseggiano emozioni. Il tavolo diventa uno spazio di condivisione. Oggi ci teniamo a che sia il più possibile ‘instagrammabile’, ma nessuna istantanea può raccontare l’unicità delle relazioni che stiamo vivendo. E il soggiorno con il divano è quel territorio di sospensione, come dopo una giornata di lavoro, in cui ci si può lasciar andare anche alle confidenze (cum fidentia). Possiamo regolare meglio la distanza con gli altri e anche osservare diversi angoli della casa... di noi. 

E poi in ogni abitazione, come nel nostro profondo, c’è sempre una zona cieca, qualcosa che l’altro vedrà di noi e che noi non vediamo. Un calzino sfuggito al riordino, una foto a cui non facciamo più caso, la polvere sul mobile della televisione… tutti simboli che raccontano del nostro mondo interno.

Ma chi invitare? E anche… cosa suscita in voi il whatsapp in cui vi viene scritto: è un problema se porto un amico?

Come gli altri vivono il nostro invito e le nostre case ci dice della cura che avranno per ciò che proviamo e sentiamo. Si può entrare in una casa non pulendosi le scarpe sullo zerbino o chiedendo se è necessario toglierle e camminare scalzi o con delle ciabatte. Si può arrivare a mani vuote o portando un dono. Si può avere cura della casa altrui, pur essendo ospiti, come se fosse la propria.

‘Puliti e felici’ può essere il tema per una cena estiva a casa con amici?

Certo che sì! Si pulisce perché siamo consapevoli che c’è dello sporco, qualcosa che non va, che ci disturba o che vorremmo non ci fosse. Ma pulito non è incontaminato. Aprire le nostre case è una possibilità per mostrare agli altri qualcosa di noi, lasciarci anche ‘contaminare’, non sapendo cosa verrà vissuto o visto. La felicità, nell’accezione di apertura e disponibilità, starà nella consapevolezza di avere sempre qualcosa da riordinare, in casa come in noi stessi, ma che questo non debba precludere la possibilità di esporci agli altri... come al sole con la giusta protezione per ogni tipo di pelle.
Buona estate!

Torna alla categoria: